Maturità

lunedì 31 agosto 2015

Do not go gentle into that good night

Here he is, the rookie genious and supreme waster
Dylan Thomas. This is probably his most famous poem, and it is not very hard to understand why.
















Non andartene docile in quella buona notte

Non andartene docile in quella buona notte, 
la vecchiaia dovrebbe bruciare e delirare 
aggrappata al giorno,
infuria, infuria contro il morire della luce.

Sebbene gli uomini saggi in punto di morte sappiano
che il buio è giusto,
perché dalle loro parole non esplose nessun fulmine, loro
non se ne vanno docili in quella buona notte.

I valorosi, di fronte all'ultima onda, gridando 
quanto luminose le loro gesta avrebbero danzato
in una verde baia, 
s'infuriano, s'infuriano contro il morire della luce.

I selvaggi che al volo presero il sole e lo cantarono,
imparando, troppo tardi, d'averne 
afflitto il cammino,
non se ne vanno docili in quella buona notte.

Gli austeri, prossimi alla morte, accorgendosi con vista accecante che occhi spenti potevano splendere come meteore ed 
essere allegri, 
s'infuriano, s'infuriano contro il morire della luce.

E tu, padre mio, che da quella triste altura
maledici, benedicimi ora, con le tue fiere lacrime, ti prego.
Non andartene docile in quella buona notte.
Infuria, infuria contro il morire della luce.







venerdì 28 agosto 2015

Somewhere I have never travelled

From the master of experimentation, prankster of poetry,
e.e. cummings, to which I envy lowercase.










Là dove non sono mai stato, con piacere oltre


Là dove non sono mai stato, con piacere oltre
ogni esperienza, i tuoi occhi hanno il loro silenzio:
nel tuo più delicato gesto ci sono cose che mi intrappolano,
o che non posso toccare perchè troppo vicine

il tuo più insignificante sguardo facilmente mi schiude
sebbene abbia chiuso me stesso come un pugno di dita,
tu mi apri sempre petalo per petalo come fa la primavera
(toccando saggiamente, misteriosamente) con la sua prima rosa

o se il tuo desiderio fosse chiudermi, io e
la mia vita ci chiuderemmo meravigliosamente, all'improvviso,
come quando il cuore di questo fiore immagina
la neve scendere con cura ovunque;

niente di quello che sperimenteremo in questo mondo è pari
alla forza della tua intensa delicatezza: la cui trama
mi costringe nel colore delle sue terre,
rendendo la morte e il per sempre con ogni respiro

(non so cosa sia di te che chiude 
e apre; solo qualcosa mi dice che 
la voce dei tuoi occhi è più profonda di tutte le rose)
nessuno, neanche la pioggia, ha mani tanto piccole 







domenica 23 agosto 2015

The Old Fools

To whom who hardly tried
to die young.

By Philip Larkin





















I vecchi idioti



Che cosa pensano sia stato, i vecchi idioti, a farli
diventare come sono? In qualche modo ritengono 
che sia più da grandi quando la tua bocca resta aperta e sbava,
e continui a pisciarti addosso, e non riesci a ricordare 
chi ha chiamato questa mattina?
O che, se solo scegliessero, 
potrebbero tornare a quando ballavano tutta la notte, 
o andavano al loro matrimonio, o mettevano le armi in spalla qualche settembre?
O s'illudono che non ci sia stato davvero alcun cambiamento, 
e si sono sempre comportati così, come fossero storpi o sbronzi, 
o hanno sopportato giorni di continuo sottile sognare
guardando il movimento della luce? 
Se non lo fanno (e non possono), è strano;
Perchè non stanno urlando?

Alla morte ti disintegri: le briciole che eri 
cominciano a schizzare via una dall'altra per sempre
con nessun testimone. 
E' solo oblio, vero:
l'abbiamo già provato, ma allora stava per finire, 
e tutto il tempo si fondeva nello sforzo unico 
di far sbocciare il fiore dal milione di petali
dell'esistenza. 
La prossima volta non puoi fingere
che ci sarà qualcos'altro. 
E questi sono i primi segnali:
Non sapendo come, non sentendo chi, il potere di scelta
andato. 
Il loro aspetto mostra che sono lì per quello:
capelli cenere, mani da rospo, facce di prugna essicate tra le rughe - 
come possono ignorarlo?

Forse essere vecchi è avere stanze illuminate 
dentro la tua testa, e persone all'interno, che si comportano come persone
che conosci, ma a cui non riesci a dare un nome; ognuno incombe 
come una profonda perdita risanata, voltandosi da porte conosciute, 
appoggiando lampade, sorridendo da una scala, estraendo 
un libro conosciuto dagli scaffali; o qualche volta solo
le stanze stesse, sedie e un fuoco che brucia, il cespuglio soffiato alla finestra, 
o la tenue cordialità del sole sul muro 
dopo la pioggia in qualche solitaria sera di mezz'estate.
Ecco dove vivono: 
non qui e adesso, ma dove tutto è successo una volta.
Ecco perchè danno

un'impressione di confusa assenza, provando ad essere là
eppure essendo qui.
Perchè le stanze crescono sempre più, lasciando
freddo incapace, il costante danno da usura
di un respiro preso, e il loro accovacciarsi sotto l'alpe
dell'estinzione, i vecchi idioti, senza mai accorgersi 
di quanto sia vicina. 
Forse è questo che li fa stare calmi: 
la cima che sta in bella vista ovunque andiamo
è per loro terra che cresce. 
Riescono mai a dire cosa li sta trattenendo, e 
come finirà? Non di notte? 
Non quando arrivano gli sconosciuti? Mai, durante 
l'orribile infanzia rovesciata?
Beh,
lo scopriremo.