Maturità

sabato 26 settembre 2015

Maturità...McPollastre parte seconda

C'è del marcio a Barcelona...

A questo punto potrebbe avere comodamente espulso un parassita alieno dal seno, quel magnifico seno e i capezzoli scuri e turgidi che lui aveva mordicchiato fino a strapparle una risata di rimprovero. È un peccato, tutta quella fatica nel liberarsi dalla trappola del suo orgasmo l’aveva fatto eccitare. Come quand’era giovane e provava un segreto piacere nel cercare di lavare i jeans oltraggiati dalle prime esperienze manuali di una liceale premurosa.

Potrebbe essersi trasformata nella sua ex. Capacissima di farlo, quella stronza. Era il genere di uscite che faceva al preciso e riuscito scopo di farlo incazzare. Magari la sua ex è stata sparata fuori con l’eiaculazione, magari la sua ex è un’eiaculazione catalana. 

Carlo entra in camera sorridendo. 


Quella puttana della sua ex, così insaziabile e malata da non ammettere nemmeno di essere venuta ostentando disprezzo da club delle superstiti del nobile clitoride, trasfigurata nell’orgasmo più violento e ostinato di sempre. La cosa stranamente non lo stupisce. Lo stesso non si può dire dell’espressione post-coitale della mutante. Ok, magari non aveva un sorriso da Mentadent, ma questa svalutazione gli sembra esagerata. Carlo ricorda il rumore di vetri rotti vagamente percepito al momento dell’esplosione. La mutante si è mangiata tutti i fottuti denti. Se quella parodia di pessimo gusto della pubblicità di una dentiera gli avesse chiesto l’accendino sotto il sole disturbante di Barceloneta, beh – avrebbe dovuto avvisare, mettere un’etichetta – questa vagina è unica nella sua lavorazione, per questo eventuali perdite, esplosioni e/o indigestioni di denti stanno ad indicare l’unicità del prodotto. 

L’avrebbe capita. L’avrebbe trattata con la cura che si riserva a un’edizione limitata.

Un buco grondante sangue recita sbrigativamente la parte di una bocca sensuale. Frammenti bianchi luccicano sparsi sul letto e sul pavimento, come biglietti perdenti della lotteria, strappati. 

Consolazione effimera, gli occhi sono di nuovo al loro posto, pieni di falsa adorazione come quelli di una bambola gonfiabile. Gli torna in mente una sociopatica che frequentava all’università, la faceva venire con la lingua e lei gli strappava i capelli a ciocche, o quella cassiera del supermercato che al climax si esibiva in spettacolari spasmi carpiati, una volta ha sbattuto la testa contro il muro e una mensola le ha spaccato il naso, il suo svenimento lo aveva lasciato annegare in un’imbarazzante osmosi di sangue e sperma. Se solo potessero vedere l’assaggiatrice qui presente – regressione alla pubertà con relativo rossore sulle guance. 

Carlo non sa se chiamare la sua ex per fargli sputare la verità sui migliori orgasmi della sua vita, o scappare da quella dolce alcova intrisa di romanticismo denti e sangue. Opta per la seconda. Chiamare la stronza sarebbe comunque una perdita di tempo, è ormai nota la sua abilità nel mascherare piacere e grandi risposte.

Rimette via l’iPhone, non prima di aver fatto l’ennesimo tentativo di capire a che cazzo serva quella nuova applicazione. Gliel’aveva consigliata la sera prima un norvegese che si ostinava a chiamarlo Marlon, questa la devi provare per forza, you are gogn’ lak it, aveva sputato circondato da un cimitero di shots. Ovviamente era un bidone, lo schermo s’impaccava e un grosso paio di labbra, grosse labbra di femmina cartonate, lampeggiava per pochi secondi prima di sparire. Ora l’inverosimile vagina splendeva come una slot machine. Comunque il nome non gli era mai sembrato così appropriato come adesso. Crazy Cunts. Gli ricorda qualcosa. 




















                                    Nella rambla il sole martella ancora, ma i pakistani sono già in affari, lattine di birra e messaggi subliminali. Offerte grezze e allettanti durano un attimo, poi spariscono insieme 
all’intenzione.

I tombini si aprono e inghiottono, le luci blu fanno rumore. Spuntano i tacchi e le prime caraffe di sangria, funghi nel torbido fosso dei desideri. La giornata lavorativa è finita ancora prima di iniziare. Stasera qualcuno scoperà, qualcuno confezionerà un viaggio intimo e discreto, qualcuno starà male spargendo pezzi in giro, e qualcun’altro starà a rodersi perché non l’hanno fatto entrare nelle prime due liste. Ricomincia il meraviglioso ciclo della vita. Anche stanotte niente di nuovo sotto i lampioni.

Le vetrate del Mc sono immacolate, Carlo butta un occhio cercando di cogliere la sua immagine tra i quarti posteriori di una famiglia in coda. Se non fosse che a un ragazzo in polo arancio e cappellino cambia colore l’acne, non se ne accorgerebbe neanche. Sta per sbattere il pugno sul vetro, chiedergli perché lo fissa e perché la sua crescita si è bloccata. Poi i culoni traslocano e lui può ammirarsi in tutto il suo splendore, seminale. La faccia. 

Se l’era dimenticato. La luce del sole fa risaltare la metà sinistra della sua faccia come un giubbino catarifrangente. Quel bianco perla che si vede solo quando vogliono farti comprare un dentifricio. Deve imboscarsi in un bagno, e fulmineo.


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