Maturità

giovedì 3 settembre 2015

Quel simpatico animale - Zorba il Greco

Un uomo 
è degno di questo nome 
quando è libero, 
e la libertà non è tale 
senza un po' di follia.


Così c'è scritto sulla copertina della mia edizione, che tengo incastrata tra quei libri che ogni tanto devo, come in raptus da metadone, riaprire e sfogliare, e cercare tra le pagine una frase, un appiglio, che chissà perché in quel momento ritengo indispensabile.
Perché così sono i libri da leggere almeno una volta prima di perdere la memoria, o la ragione: puntano dritti alle sinapsi e pompano poesia fresca nelle vene, regalando quell'impressione impagabile, che è simile al risveglio nel tuo letto, la domenica mattina, senza le orribili conseguenze di una caduta da un burrone.

Così è il libro di Nikos Kazantzakis, Zorba il Greco, così sono i suoi personaggi, carichi all'estremo di passioni, turbe, impulsi, rimpianti, insomma, vivi. La storia rimbalza tra due menti opposte e necessarie una all'altra: quella dell'intellettuale che narra le vicende, convinto ma insicuro, rassegnato prodotto di un'elite inadatta alla guerra e alla vita, e quella di Zorba, vorace, insaziabile e mai pentito stupratore di esperienze, strappato alla terra e del suo abbraccio sempre alla ricerca.
I due intraprendono un viaggio che ha la goliardia del buddy movie e il romanticismo dell'iniziazione, deridendo le reciproche speranze, imparando a vedere con occhi nuovi la propria personale realtà.
Il pretesto è lo sfruttamento di una miniera nella pittoresca Cipro: Zorba, pieno di cicatrici e privo di pregiudizi, si adatterà alla vita povera e schietta dell'isola, mentre il narratore rimarrà sgomento e tante domande dovrà porsi prima di trovare sollievo. Il contrasto tra l'istinto e la ragione si fa palese alla presenza delle donne: il vecchio minatore subito si getta su una grassa cortigiana in esilio, mentre lo scrittore si tormenta per non essere capace di cogliere l'invito di una bellissima vedova.

C'è un passaggio, da cornice, in cui l'intellettuale si trova assorto a seguire il volo degli uccelli: ecco, io sono così - commenta - inutilmente cerco di toccare le sublimi vette dell'arte, ma semplicemente svolazzo col cervello vuoto, lontano dalla verità che disperatamente cerco.
La verità è tenuta in pugno da Zorba, è dentro il suo stomaco, la sua larga bocca, il suo cuore enorme: è la terra, dentro cui il vecchio minatore sprofonda con i piedi, è la carne della cortigiana francese su cui affonda i denti, è la minestra di patate e fagioli che cucina alla fine di un massacrante turno alla miniera. La verità, l'essenza della vita davanti alla quale lo scrittore si scioglie e trema, è proprio davanti ai suoi occhi, ma l'arte, o l'arroganza di possederla, è troppo ingombrante perché possa vederla.

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